C’è sempre più attenzione sulla semaglutide, nome commerciale Ozempic®, un peptide utilizzato per la cura del diabete mellito di tipo 2 che ha anche effetti dimagranti.
Di questa semaglutide, e della cugina liraglutide (Saxenda®) si parla molto sui social proprio per questo “effetto secondario dimagrante“. Molti pazienti ci stanno chiedendo informazioni a riguardo, nonostante l’importanza dello stile di vita, che sottolineiamo sempre qui su psiq.
Liraglutide in Italia è già approvato per dimagrire nei casi di BMI sopra a 30 in assenza di diabete, e presto lo sarà anche semaglutide (che è approvato per dimagrire dalla FDA già dal 2021). Ricordiamo che però non sono esenti da possibili effetti collaterali, e vanno utilizzati sotto stretto controllo medico.
La sorpresa su questi farmaci, in particolare su semaglutide, è che sono in corso studi interessanti su un loro aiuto preventivo per la malattia di Alzheimer.

Le ricerche in corso
Ivan Koychev, consulente neuropsichiatra dell’Oxford University Hospitals NHS Foundation Trust, sta conducendo uno studio per testare la semaglutide con l’obiettivo di porre un freno ai primi cambiamenti nel cervello delle persone a rischio di sviluppare l’Alzheimer.
I GLP-1, la categoria di farmaci a cui appartiengono semaglutide e liraglutide, sono il suo obiettivo principale, ha detto, perché ci sono “buone prove epidemiologiche che siano collegati a un minor rischio di demenza, e hanno un rischio molto più basso di effetti collaterali gravi rispetto alle terapie di eliminazione dell’amiloide“. Il deposito di amiloide nel cervello è sempre più certo essere alla base della Malattia di Alzheimer.
Sull’argomento sta lavorando anche Suzanne Craft, professoressa di gerontologia e medicina geriatrica presso la Wake Forest University School of Medicine, nel North Carolina. “Trattamenti per il diabete possono amplificare i benefici clinici dei farmaci anti-amiloide e potenzialmente portare a una completa stabilizzazione o addirittura a un certo recupero nei pazienti con Alzheimer“, ha detto la professoressa Craft.
Sull’argomento aveva già pubblicato a proposito dell’uso di insulina intranasale.

Inoltre, Novo Nordisk, l’azienda produttrice di Ozempic®, ha avviato nel 2021 due studi per testare la semaglutide in migliaia di pazienti con Alzheimer precoce. I risultati sono attesi per il 2025, dato che ci vogliono anni per dimostrare un effetto sulla patologia.
Perché utili per l’Alzheimer?
La parola chiave, anche qui, è infiammazione. Ormai è noto che il diabete, come altre condizioni croniche, alimentino e mantengano un’infiammazione cronica di basso grado nel nostro corpo, che risulta essere purtroppo un terreno assai fertile per lo sviluppo di ulteriori patologie.
Migliorare l’utilizzo del glucosio e contenere l’infiammazione nell’intero organismo (compreso il cervello), grazie ad una cura efficace per il diabete, pare possa rallentare la progressione di malattie debilitanti in generale, proprio come l’Alzheimer (o anche il Parkinson).
Perché non anche altri farmaci?
Il motivo è semplice. Il mercato. A differenza dei vecchi farmaci per il diabete non brevettati, come la metformina, c’è un incentivo commerciale a testare nuovi farmaci proprio come Ozempic® e Saxenda®.
Ci sono anche altre case farmaceutiche che stanno lavorando su una dozzina di potenziali nuovi trattamenti; sui farmaci non brevettati non ci sono queste possibilità di guadagno.
La demenza colpisce più di 55 milioni di persone a livello globale e si prevede che il mercato dei farmaci per l’Alzheimer crescerà fino a 9,4 miliardi di dollari entro il 2028 e quello del Parkinson fino a 6,6 miliardi di dollari.

Quindi si parla di potenziali guadagni enormi per le aziende, in caso di conferma di efficacia.
E per favore, non iniziamo il solito discorso di Big Pharma o del potere delle case farmaceutiche. Si tratta di aziende, e come tutte le aziende, devono fare profitto. È grazie a investimenti di questo genere che continuiamo ad assistere alla nascita di nuove terapie, di nuove cure anche per malattie gravi. Poi, come in tutti gli ambienti, di sicuro c’è anche chi può esserne approfittato, ma è un altro discorso.
Ma dimmi, l’idea di trovare un valido aiuto se non una cura definitiva per la Malattia di Alzheimer, non sarebbe davvero fantastica? Quante persone e quante famiglie soffrono a causa di questo? Lasciamo da parte le ipocrisie e confidiamo nel progresso della ricerca!
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Bibliografia
- Ojakäär T, Koychev I. Secondary Prevention of Dementia: Combining Risk Factors and Scalable Screening Technology. Front Neurol. 2021 Nov 15;12:772836. doi: 10.3389/fneur.2021.772836. PMID: 34867762; PMCID: PMC8634660.
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